IL CASO “I PROMESSI SPOSI”
Si racconta che nel 1845 l’editore fiorentino Felice Le Monnier provò a ristampare il celebre romanzo storico “I Promessi Sposi” senza il consenso di Alessandro Manzoni, e che la faccenda provocò una controversia giudiziaria durata oltre 16 anni, e ampiamente ricordata nel mondo dell’editoria italiana come la madre fondatrice della disciplina del diritto d’autore e dell’obbligo di risarcimento di un danno subito dalla violazione dello stesso.
LO SCENARIO STORICO
Il diritto d’autore è un diritto modernizzato e contemporaneo.
In Italia, infatti, il periodo anteriore al 1840 era caratterizzato da un’anarchia sulla circolazione delle opere letterarie. Un mercato libero, dove la contraffazione, le continue ristampe senza consensi degli autori, le esportazioni e le vendite sottocosto di romanzi, rappresentavano una consuetudine dell’epoca..
Su sollecito di letterati e scrittori noti, il 22 maggio del 1840 venne stipulata tra l’impero austriaco e il Regno di Sardegna una Convenzione internazionale, che venne poi ratificata da altri Governi e dallo Stato Pontificio nei successivi anni. Detto patto concedeva e garantiva agli Autori un diritto mai riconosciuto prima, se non ad alcuni privilegiati ovvero, il diritto di privativa e la possibilità di godere, disporre e concedere in uso le proprie opere con la sola loro autorizzazione, fintanto erano in vita.
LA CAUSA
Lo scenario storico appena presentato fece da palcoscenico al caso Manzoni – Le Monnier.
Nel 1845 l’editore Felice Le Monnier, detto “il francese”, lanciò un’iniziativa editoriale chiamata “La Biblioteca nazionale italiana”; una costosissima collana editoriale avente ad oggetto opere di grandi scrittori, come Dante e lo stesso Manzoni, che, a suo dire, erano all’epoca ormai caduti nel dimenticatoio.
Nel palesarsi quale Robin Hood degli Autori, Le Monnier sfidò le regole della Convenzione e, dietro consulto di un avvocato, decise di pubblicare un ristampa del celebre romanzo“ I Promessi Sposi” senza il consenso del Manzoni, nella convinzione che la stessa, essendo stata pubblicata prima dell’entrata in vigore della Convenzione del 40, fosse di dominio pubblico.
Alessandro Manzoni gli fece causa davanti al Tribunale di Firenze lamentando la violazione della detta Convenzione e, da abile giurista, difese dignitosamente se stesso e la sua opera fino alla Cassazione, che gli diede ragione nel 1862.
Ci troviamo di fronte a palcoscenici e a pubblici differenti a quelli a cui Manzoni e Le Monnier erano abituati. Non vi erano lettori da convincere, da coinvolgere o da emozionare attraverso la lettura di estratti di romanzi in procinto di pubblicazione; v’era un’arena, composta da arbitri imparziali e chiamati a giudicare un diritto che a distanza di anni sarebbe stato ancora oggetto di innumerevoli dispute dottrinali, giurisprudenziali e politiche.
LE DIFESE
Tra la schiacciante vittoria di Manzoni in primo grado e la proposizione in Appello da parte di Le Monnier, seguirà un periodo di silenzio caratterizzato da continue contraffazioni e ristampe di celebri racconti da parte di altrettanti editori.
Nel 1860 dinanzi la Corte di Appello di Firenze si combatte il secondo round. Le difese di Le Monnier fondate sulla non retroattività della Convenzione, sull’inaccoglibilità della domanda di Manzoni e sulla prescrizione del diritto vantato, non convincono molto i giudici fiorentini che danno nuovamente ragione allo scrittore.
Le Monnier non si dà per vinto e al fianco del noto economista e avvocato Girolamo Boccardi ricorre in Cassazione.
Le difese di Girolamo Boccardo furono tutt’altro che ordinarie e focalizzate sulla questione che il romanzo, oggetto di disputa, al momento della ristampa fosse di dominio pubblico.
Secondo Boccardo la prima pubblicazione, ristampata poi da Le Monnier, fu curata dallo stesso Manzoni anni addietro alla Convenzione del 40, in un momento storico dove non esistevano patti tra Stati che garantissero la privativa agli Autori.
Persisteva Boccardo: “.. tutto ciò che l’impegno di Manzoni ha prodotto prima che la legge comparisse, prima che la proprietà letteraria esistesse fra gli enti giuridici, (…) tutto ciò era giuridicamente res nullius, apparteneva al pubblico.
La risposta del Manzoni non tardò ad arrivare e con un scambio di lettere( tutte raccolte e pubblicate successivamente in un Opuscolo), affronta Boccardi con parole taglienti e con una difesa incentrata sul principio di retroattività della legge:
Un estratto:
“.. Per legge retroattiva s’intende una legge che, guardando indietro, come dice il Macchiavelli, colpisca de’ fatti consumati nel tempo ch’essa non era ancora venuta a proibirli. Ma la legge in questione non farebbe altro che proibire de’ fatti punibili nell’avvenire, cioè delle nove ristampe; e tra il colpire de’ fatti consumati, e il proibire de’ fatti possibili, c’è, non una semplice differenza, ma un’assoluta diversità”. [1]
LA SENTENZA
La Cassazione sposò il ragionamento del Manzoni che vinse questa lunghissima battaglia, durata oltre 16 anni con un risarcimento di un danno di trentaquattromila lire.
Secondo i giudici, infatti, la Convenzione non creava un nuovo diritto ma riconosceva un diritto già preesistente e dunque retroattivo.
CONCLUSIONI
Il diritto d’autore continua ad essere oggi un tema attuale e pungente, soprattutto se rapportato agli NFT, al Metaverso e alle nuove tecnologie che stanno certamente cambiando il nostro modo di creare.
Siamo sicuramente oggi in grado di leggere distrattamente un romanzo su un e-book lasciando i manoscritti ad impolverarsi tra gli scaffali delle biblioteche. Siamo altrettanto in grado di far circolare sui social network parole di autori importanti, come lo è lo stesso Manzoni, dimenticando di riconoscerne la paternità e farle passare come per nostre.
Seneca una volta disse che “ Le idee migliori sono proprietà di tutti”, ma se si fosse sposato all’epoca un simile ragionamento non ci ritroveremo oggi a riconoscere agli Autori, siano essi scrittori, artisti, pittori, scultori, fotografi, designer o stilisti, una privativa sulle loro creazioni e la possibilità di poter liberamente deciderne l’uso, anche in termini commerciali.
[1] Giuliano Berti Arnoaldi Veli, Ma aveva proprio ragione Manzoni? Il caso Manzoni-Le Monnier, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 01, no. 8, aprile/giugno 2005